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L'incomunicabilità come ritratto metafisico urbano

 
L'incomunicabilità, l'indicibilità del reale, la solitudine metafisica del soggetto, sono temi onnipresenti di questo secolo. Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose; quindi, l'alienazione, l'assurdo e l'inettitudine che dominano il panorama di fronte a una società in decadenza, incapace di costruire e di proporre dei valori, mi hanno posto come coscienza giudicante, spettatore ironicamente distaccato, talvolta provocatorio, talvolta a rispondere con l'afasia, con il silenzio oppure con la decostruzione.

La realtà del nostro secolo è varia, caotica, confusa. Frastorna l'uomo con un mosaico infinito di possibilità mentali e si reagisce a questa situazione con il disorientamento, la solitudine che deriva dal non riuscire a ricostruire i frammenti impazziti del proprio ventaglio interiore.
E' inevitabile, ad una relativa incomunicabilità dobbiamo rassegnarci. Ma possiamo comunque ingenuamente affidare i nostri sogni a immagini piacevoli, coinvolgenti che possano ricreare nella mente altre realtà. Ma credo sia un limite contro il quale non possiamo lottare

Forse ha senso solamente lottare per conquistare un relativo piccolissimo spazio di comunicazione. In fondo le sfumature infinite della realtà le abbiamo sotto gli occhi, non serve alcun mediatore. Si può solo ipotizzare che sia necessaria una scelta tra le molteplici realtà e che questa scelta, riduttiva e discutibile per ipotesi, sia necessaria per individuare e rappresentare la personalità di chi la esprime. In realtà non rappresentiamo il mondo, rappresentiamo noi stessi. Un grado di idealizzazione e persino di utopia non sono inconciliabili con il fine che si vuole raggiungere.
 
 
 
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