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Museo del Novecento una torre per connettere

 

Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Gennaio 2011


 

L'esigenza per Milano di dotarsi di un museo del Novecento è antica: quando e perché l'amministrazione ne ha individuato la sede nell'Arengario?

Dal punto di vista simbolico questo Museo avrebbe dovuto essere aperto alla morte di Lucio Fontana, perché questo artista ha rappresentato lo snodo tra modernità e contemporaneità. L'idea comunque nacque dal punto di vista formale dieci anni fa. Il merito è stato di Salvatore Carrubba (allora assessore alla Cultura ndr). In realtà il destino di questo museo era già segnato da quando il Comune di Milano si è dotato di proprie collezioni civiche dedicate in particolare al Novecento. Tuttavia, il "perché" di questo Museo mi sembra ancora più importante del "quando". Milano rappresenta la modernità ed è la città che incarna il Novecento come il secolo del progresso, della scienza, della tecnica, delle arti, che hanno posto l'accento sui temi del futuro e della libertà. 
 
 

Come definirebbe in sintesi il progetto del gruppo guidato dall'architetto Italo Rota?

Per la verità questo progetto è all'interno di un progetto più vasto, che prevede nelle nostre linee guida il riallineamento tra la Milano capitale economica-finanziaria e quella culturale. Il Museo, dunque, non è che il pezzo di una scacchiera e il progetto di Rota mi sembra lo qualifichi come una Torre, capace di muoversi in avanti verso la piazza, connettendo il testo artistico con il contesto urbano. 
 
 

Un edificio con una funzione culturale così importante proietta un effetto di rinnovamento urbano del cuore della città. In quale strategia complessiva l'amministrazione lo inserisce?

Secondo la logica di un sistema aperto. Dove la città è la prima opera d'arte. Una sorta di palcoscenico su cui proiettare desideri, sogni e segni della vita pubblica e collettiva. Ciò detto, Il Museo si integra anche con le sale espositive di Palazzo Reale, offrendo così in pieno centro storico un'area espositiva di poco inferiore ai 20 mila mq: in relazione con il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele, dunque al servizio di un governo di interessi culturali che vale quasi 5 milioni di visitatori, di cui quasi 2 milioni tra mostre e musei. 
 
 

Cosa vi aspettate porti alla città di Milano questo nuovo spazio culturale?

Cinque parole: identità, orgoglio, ambizione, conoscenza, divertimento. Sono qui indicate senza ordine gerarchico, ma vanno vissute lungo un processo circolare, nella convinzione che già Agostino ricordava: "nutre la mente soltanto ciò che la rallegra". 
 
 

Il progetto vincente è stato scelto con un concorso: un percorso che Milano intende sposare anche per il futuro?

I concorsi sono legati alla competizione e cum petere significa cercare insieme in modo agonistico la soluzione migliore. L'importante è non credere al concorso come un precetto, un'ideologia. È solo uno strumento tra diversi possibili. Fondamentale invece è avere una certa idea di Milano e del mondo, una politica culturale capace di non subordinare mai la cultura alla politica.
 
 
Museo del Novecento una torre per connettere
 
Museo del Novecento una torre per connettere
 
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