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Da museo statico a occasione di divertimento

 

Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Aprile 2011

 
 

Per l'intervento di profondo rinnovo del Museo Nazionale dell'Automobile si è deciso di puntare su un progetto architettonico armonizzato con uno scenografico. Perché questa scelta e come interagiscono i due linguaggi?

Tutto deriva dalla volontà di fare del nostro vecchio museo, un po' statico e poco eccitante, un'occasione di conoscenza attiva e di divertimento intorno all'automobile: non solo come oggetto tecnologico ma come uno dei principali testimonial del Novecento e di questa prima parte di secolo ventunesimo. Abbiamo perciò prima di ogni altra cosa chiamato a progettare il nuovo allestimento l'architetto François Confino che a Torino è ben conosciuto per aver realizzato il Museo del Cinema. Sulla base del pre-progetto di Confino abbiamo indetto la gara per l'ampliamento e la ristrutturazione dell'edificio. Si è seguita una strada diversa da quella solita che vede prima creare l'edificio e poi chiedersi come adattare l'allestimento museale al contenitore di cui si dispone. Il progetto architettonico dello studio Zucchi ha previsto non solo il raddoppio dello spazio e la trasformazione di quello preesistente ma anche la grande "piazza" che si trova all'ingresso e la "pelle" che abbraccia l'insieme costituito dal vecchio e dal nuovo edificio. I due linguaggi, architettonico e allestitivo, interagiscono così bene che appaiono a tutti un solo linguaggio.

 
 

Come si integra la nuova ala su via Richelmy con i due corpi esistenti?

Nessuno oggi guardando l'edificio da corso Massimo d'Azeglio e anche da via Richelmy distingue i tre corpi tra di loro; la stessa cosa avviene all'interno. Il risultato finale è così bello, organico e funzionale da apparire un vero miracolo di architettura/design/scenografia.

 
 

Per Torino l'automobile non è solo un fatto produttivo ma anche un fenomeno culturale e sociale. Come si esprime questa complessità nel nuovo Museo dell'Automobile?

La Fiat, che aveva fino al 2003 provveduto al mantenimento del vecchio museo, ci informò che a partire dall'anno successivo non sarebbe più stata in grado di farlo. Il sindaco Chiamparino e io chiamammo allora a raccolta la Regione, la Provincia, le due fondazioni ex-bancarie, l'Automobile Club, la Camera di Commercio e proponemmo non solo di non chiudere il museo ma di trasformarlo in un'attrazione unica nel suo genere. Perché lo facemmo? Proprio per dimostrare che per Torino l'automobile è qualcosa che ha a che fare con l'identità della città e della sua storia recente e anche per rendere omaggio alle centinaia di migliaia di persone che per un secolo hanno dedicato all'automobile fatica, genialità, rigore morale. Il nuovo Museo esprime perfettamente la passione di Torino per l'automobile e sa trasmetterla ai visitatori, anche a quelli che si accostano con diffidenza, magari dicendo: "A me l'automobile non interessa!".

 
 

Un rinnovato spazio come quello del Museo produrrà effetti rilevanti sulla vita culturale della città: in quali termini?

Il nuovo Museo dell'automobile integra il sistema museale della Città e ne aumenta la specificità. A Torino infatti ci sono musei che non esistono in altre città italiane, del tutto o con lo stesso tipo di allestimento. Ne cito alcuni: il Museo Egizio, il Museo del Cinema, il Museo di Arte contemporanea di Rivoli, la Fondazione Sandretto sempre di arte contemporanea, il Museo di Arte Orientale, la Venaria Reale e il restante circuito delle residenze sabaude, adesso il nuovo Museo dell'Automobile. È importante rivolgersi all'Europa e al mondo con un "pacchetto" museale che non esiste altrove, specialmente trovandosi in Italia dove la concorrenza è così forte. In più nel nuovo Museo dell'Automobile è stato creato uno spazio nuovo: la "piazza" di cui ho detto prima che è a disposizione di tutto il sistema culturale e anche di quello socio-economico: in nessun altro posto della città si sta così bene come in questo.

 
 
 
 
 
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