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Lavori Pubblici: La Mendola (Architetti), "intervenga l'Antitrust per liberalizzare il mercato"

 

"ora chiuso da anacronistiche regole discriminatorie"

Roma, 8 maggio 2014. "Il mercato dei lavori pubblici è chiuso da anacronistiche regole discriminatorie che impediscono alla pressoché totalità dei giovani architetti - oltre che alla grande maggioranza degli studi professionali di piccole e medie dimensioni - di accedervi. Chiediamo un intervento urgente dell'Antitrust volto a superare queste distorsioni che, oltre tutto, aggravano la già pesantissima crisi che, da anni, si è abbattuta sul settore".
 
Così, Rino La Mendola, Vice Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e responsabile del Dipartimento dei Lavori Pubblici, nel corso del  Convegno di studi ''Sviluppo e occupazione: gli obiettivi della riforma dei lavori pubblici'' organizzato dalla Rete delle professioni tecniche.
 
"L'accesso al  mercato  dei Lavori pubblici - sottolinea - è attualmente sbarrato per gli effetti determinati dall'art. 263 del Regolamento di attuazione del Codice dei Contratti sul quale gli architetti italiani hanno già chiesto l'intervento dell'Autorità Garante della Concorrenza per una radicale modifica. Questo articolo prevede che le stazioni appaltanti, redigendo il bando per gli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria, fissino tra i requisiti tecnico-economici necessari per partecipare alla gara, non solo il fatturato che il concorrente deve dimostrare di avere maturato negli ultimi 5 anni (da due a quattro volte l'importo del servizio oggetto della gara), ma anche il personale tecnico (dipendenti o consulenti stabili) di cui il concorrente deve dimostrare di avere fruito negli ultimi tre anni (da due a tre volte il numero stimato nel bando)."
 
"Si tratta, come è evidente, di una discriminazione gravissima perché la crisi economica, che negli ultimi anni ha colpito con particolare durezza il settore dei lavori pubblici, impedisce, di fatto, alla stragrande maggioranza dei professionisti di conseguire o di conservare il possesso di tali requisiti, restringendo il mercato, con queste regole anacronisticamente discriminatorie, ad un numero molto limitato di soggetti".
 
"I dati parlano da soli: secondo i dati raccolti a seguito del  monitoraggio dell'Agenzia delle Entrate per l'applicazione degli studi di settore, nel 2011 -  ultimo dato disponibile - solo l'1,4,% dei professionisti dell'area tecnica hanno fruito di collaboratori (addetti) per un numero superiore a 5. Questo significa che in una gara, per la quale la stazione appaltante fissi un numero di "addetti" superiore a 5 (requisito chiesto in più del 90% delle gare bandite sul territorio nazionale), si registra di fatto una chiusura del mercato dei lavori pubblici pari al 98,6%

 "Sono queste, conclude La Mendola, le motivazioni che hanno spinto i Consigli Nazionali delle Professioni Tecniche a chiedere un intervento dell'Autorità Garante della Concorrenza affinché rimuova questo elemento di grave  limitazione del libero mercato."

 

 
 
 
 
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