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  Architetti: reddito 17.000 euro, Freyrie, è soglia povertà  

Architetti: reddito 17.000 euro, Freyrie, è soglia povertà

 
Testata:
ANSA
 
Data:
24-11-2014
 
 

Quadro impietoso per gli architetti italiani: disoccupazione giovanile quasi al 29%, redditi medi non oltre i 17.000 euro. Ce n'è abbastanza perché Leopoldo
 Freyrie, alla presidenza del Consiglio nazionale dell'ordine 
affermi: "Siamo alle soglie della povertà, senza una inversione
 di rotta, da parte della politica e del Governo, rischiamo di
 non sopravvivere alla crisi". La vera risposta ai dati 
gravissimi emersi dalla ricerca del Consiglio nazionale e del
 Cresme sull'andamento della professione, risiede, prosegue, nel
 "lancio e nella realizzazione di un grande progetto 
d'investimento di idee e di denaro sulle citta' per intervenire 
sugli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita", nonché 
per "risparmiare 25 miliardi di euro all'anno di energia che 
viene, di fatto, sprecata, per mettere le case e le città in 
sicurezza da sismi ed inondazioni, alle quali anche in queste 
ore siamo costretti ad assistere". E, ancora, sottolinea
 Freyrie, "per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso 
delle comunità, ricreando le condizioni affinché fioriscano 
idee, innovazione e impresa". Ecco perché, aggiunge, "in questo 
momento di crisi siamo pronti ad organizzarci in reti
 professionali e interprofessionali sul territorio nazionale e 
nel mondo e a cambiare anche profondamente i nostri studi 
professionali per integrare conoscenze e competenze".



Il comunicato nel lancio dell'Agenzia Adnkronos/Labitalia:
Professioni: architetti, a soglia povertà con reddito medio 17mila euro. Per la categoria tasso di disoccupazione giovanile al 28,7%.

Reddito medio pari a circa 17 mila euro, al netto dell'inflazione, perdita - tra il 2008 e il 2013 - di circa il 40% del reddito professionale annuo lordo; il 68% della categoria vanta crediti nei confronti della committenza privata, mentre il 32%, un terzo degli architetti sul totale dei 152mila professionisti italiani, attende pagamenti da parte del settore pubblico. Sono questi alcuni dei dati contenuti nell'indagine sullo stato della professione di architetto promossa dal Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori in collaborazione con il Cresme e arrivata alla sua quarta edizione.        
In media, i giorni necessari per ottenere un pagamento da parte della pubblica amministrazione sono arrivati, nel 2013, per gli architetti a oltre 217 (erano 129 nel 2010 e 90 nel 2006); per quelli da parte delle imprese si è passati dai 114 giorni del 2011 a 172 nel 2013; da 70 a 98 giorni per quanto riguarda le famiglie. Un problema, quello delle insolvenze dei pagamenti, particolarmente grave soprattutto al Sud del Paese, mentre è fortemente critico, al Nord, il rapporto con le banche: il 57% degli architetti ha, infatti, debiti con istituti di credito, società finanziarie o fornitori.        
Né sembra praticabile, secondo l'indagine, la possibilità - considerata questa difficile situazione - di avviare o di incrementare la propria attività all'estero, tenuto conto delle dimensioni degli studi professionali che non consentono di affrontare le difficoltà derivanti dall'operare fuori dal Paese. Sono, infatti, circa 70 mila gli studi di architettura in Italia, che impiegano appena un dipendente non architetto e 1,5 collaboratori esterni con partita Iva. Secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, riportati dal Consiglio nazionale, il fatturato annuo medio degli studi, nel 2012, si aggirava intorno a 38 mila euro, contro i 55 mila degli studi di ingegneria.        
Come conseguenza di tutto ciò, si avverte, la professione perde inesorabilmente attrattiva da parte de giovani: il numero complessivo di immatricolati a un corso di laurea di architettura, è crollato del 51% negli ultimi 5 anni (nel 2012, rispetto al 2007, quasi 7 mila immatricolati in meno), una flessione nettamente più marcata di quanto registrato per il complesso dei corsi di laurea (17%).        
E non potrebbe essere altrimenti, visto che nel 2013, a un anno dal conseguimento del titolo di laurea di secondo livello (magistrale o magistrale a ciclo unico), il tasso di disoccupazione è arrivato al 28,7% (era il 9,7% nel 2008), 5 punti percentuale in più rispetto all'anno passato; a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello, il reddito mensile netto di un giovane architetto (età media circa 32 anni) è di circa 1.200 euro.  ''Siamo alle soglie della povertà - sottolinea Leopoldo Freyrie - presidente del Consiglio nazionale degli architetti - e, senza una inversione di rotta, da parte della politica e del governo, rischiamo di non sopravvivere alla crisi. La vera risposta sta nel lancio e nella realizzazione di un grande progetto d'investimento di idee e di denaro sulle città per intervenire sugli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita; per risparmiare 25 miliardi di euro all'anno di energia che viene, di fatto, sprecata; per mettere le case e le città in sicurezza da sismi e inondazioni, alle quali anche in queste giorni siamo costretti ad assistere; per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso delle comunità, ricreando le condizioni affinché fioriscano idee, innovazione e impresa''.        
''Serve anche superare, e serve farlo subito, le anacronistiche regole discriminatorie - avverte - che impediscono alla stragrande maggioranza degli studi professionali di piccole e medie dimensioni e pressoché alla totalità dei giovani architetti italiani di partecipare alle gare per l'affidamento di servizi di architettura e di ingegneria. Ci battiamo da anni contro il vecchio sistema che, fissando requisiti quantitativi, come il fatturato e il numero di dipendenti del professionista, ha di fatto progressivamente riservato questo mercato a un numero molto ridotto di strutture professionali. Ciò in contraddizione con le più recenti direttive europee in materia di appalti''.        
''In questo momento di crisi - conclude il presidente degli architetti italiani - siamo pronti a organizzarci in reti professionali e interprofessionali sul territorio nazionale e nel mondo e a cambiare anche profondamente i nostri studi professionali per integrare conoscenze e competenze. Chiediamo, però, un segnale da parte dello Stato: quello di estendere ai professionisti che si aggregano le agevolazioni fiscali che la legge di stabilità 2015 prevede per le attività di impresa e di lavoro autonomo nella fase di start up''. 


 
 
 
 

 

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