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Per la qualità servono genio, umiltà, fantasia e rispetto

 
Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Febbraio 2009
 
 

Uno dei più influenti architetti contemporanei, il ticinese Luigi Snozzi, è noto per i suoi aforismi; in uno di questi si dice "ogni intervento presuppone una distruzione, distruggi con senno". Il paesaggio italiano sembra, al contrario, la dimostrazione di una assai scarsa attenzione per le peculiarità del nostro territorio. In quale direzione si deve muovere la disciplina architettonica per coniugare sviluppo e tutela?

Adolf Loos, uno dei padri dell'architettura moderna, così scriveva nel 1910: "Posso condurvi sulle sponde di un lago montano? Il cielo è azzurro, l'acqua verde e tutto è pace profonda. I monti e le nuvole si rispecchiano nel lago e così anche le case, le corti e le cappelle. Sembra che stiano lì come se non fossero state create dalla mano dell'uomo. (....) Ma cosa c'è là? Una stonatura si insinua in questa pace come uno stridore inutile (...) C'è una villa. L'opera di un buono o cattivo architetto? Non lo so. So soltanto che la pace, la quiete e la bellezza se ne sono già andati (...) Perché tutti gli architetti, buoni o cattivi, finiscono per deturpare il lago."
Ecco, queste parole dovrebbero essere tenute a mente da chi si accinge a costruire. Ammesso che sia ancora possibile coniugare sviluppo e tutela (molti, vedendo quanto succede, ne dubitano), bisognerebbe considerare, sempre, la sacralità del territorio e del paesaggio, due entità che in Italia vengono divorati e dissipati a colpi di decine di migliaia di ettari l'anno. Prevedendo, tra l'altro, l'obbligo di recuperare ogni volumetria dismessa prima di costruirne di nuove, ispirarsi - senza temere di cadere nelle trappole del "vernacolo dotto" - a quanto i secoli e la saggezza di chi ci ha preceduto ha saputo creare, e rispettare, quanto è possibile, ogni preesistenza storica o naturale.
 
 

I principi più consolidati della bioarchitettura ritengono che gli edifici sono immobili nell'ambiente, in quanto anche loro hanno le radici e con l'ambiente vivono e si integrano. Lei concorda con queste parole? E se sì, con quale atteggiamento la cultura progettuale moderna dovrebbe accostarsi al tema della progettazione oggi?

La bioarchitettura, pur contenendo nel suo nome un ossimoro, può in qualche modo assolvere, se condotta con umiltà e sapienza, ai dettami dell'ippocratico primum non nocere.
Questo significa adottare tutte le misure necessarie per un inserimento dolce nell'ambiente e nel paesaggio, per una mitigazione dell'impatto di inquinamento e spreco energetico, per un rispetto di chi, umano o non umano, sia presente nelle adiacenze. Alberi e siepi, prati e "sterpaglie", coltivi e sentieri, ruderi e casali hanno una loro dignità che non deve essere messa in pericolo da un inserimento brutale o, peggio, da una sostituzione spietata. 
 
 

La città contemporanea è luogo di co-presenza di molte figure sociali ed identità; nonostante tutte queste compentenze qualcuno afferma che consegneremo alle generazioni future una società peggiore di quella che abbiamo ereditato. Dal suo personale osservatorio di architetto e ambientalista, l'urbanistica, la pianificazione, il planning possono ancora svolgere un ruolo attivo a favore del cambiamento?

Nonostante le più recenti (e criticabili) teorie urbanistiche militino in favore dell'"urbanistica concordata" a tutto vantaggio dei proprietari terrieri e delle grandi imprese di costruzione, io credo che ancor oggi, pur in una temperie in cui l'anarchia edilizia e infrastrutturale ha il sopravvento su ogni esigenza di corretta programmazione, la  pianificazione territoriale costituisca una base indispensabile per porre freno al disordine urbanistico che attanaglia il nostro Paese e ne riduce, in maniera irreversibile, gli spazi verdi e i terreni agricoli.
 
 

Quale definizione darebbe di qualità architettonica?

Un'opera che voglia rappresentare il simbolo della qualità architettonica dovrebbe per me essere concepita con genio e umiltà, fantasia e rispetto. Ed evitare, quanto è possibile, l'esigenza di épater les bourgeois, (obbiettivo spasmodico di tante archistar), favorendo la razionalità, l' economia, l'inserimento nell'ambiente e il benessere di chi l'opera ultimata dovrà alla fine  fruire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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