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Tra collezione, deposito e necessità di socializzazione

 
Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Marzo 2009
 
 

È difficile parlare di musei per l'architettura e non solo per la diversità degli "oggetti" da esporre, meglio piuttosto parlare di spazi espositivi. Rappresentare l'architettura significa esprimere sistemi di relazioni, rapporti dinamici: come, e con quali obiettivi, oggi uno spazio museale o culturale può comunicare l'architettura?

Per prima cosa bisogna definire cosa è un museo d'architettura. Esso ha il compito di svolgere un'attività di conoscenza, divulgazione e diffusione dell'architettura e ha due strumenti a disposizione: le mostre e gli eventi legati al dibattito architettonico. 
Direi quindi che esiste il museo inteso come "deposito" di collezioni architettoniche, in tal senso ricordiamo il NAI di Rotterdam che ha delle vaste collezioni di disegni di architettura. Questo tipo di museo nasce con l'intento di ospitare, in senso proprio museale, le collezioni di architettura.
Ci sono poi i musei per l'architettura che sono invece dei luoghi che organizzano attività connesse al mondo dell'architettura ma non hanno un archivio con delle collezioni. È questo il caso della Triennale di Milano. Ovviamente le due tipologie sono sovrapponibili ma non separabili perché anche i musei che hanno collezioni di architettura hanno bisogno di momenti di socializzazione e non solo della ricerca negli archivi.
 
 

Le trasformazioni in atto nelle città sono sempre più veloci. Come è possibile registrarle e rappresentarle in uno spazio espositivo?

Questa domanda evoca gli Urban Center che sono dei musei "veloci" nati all'estero e diffusisi in Italia proprio dove maggiormente è in atto una trasformazione della città e del territorio. Gli Urban Center hanno lo scopo di "socializzare" le trasformazioni delle città aprendo un'interfaccia con il cittadino. Un esempio è il CCA, che si occupa di Montréal, ha organizzato negli ultimi anni diverse mostre sul tema della trasformazione della città.
 
 

Anche l'arte tende a confinare con l'architettura, le installazioni e gli spazi dialogano sempre più spesso con il progetto architettonico

Questo è un discorso che con molta forza cerca di fare Gregotti anche con le sue ultime pubblicazioni nelle quali ha posto al centro della sua riflessione questo rapporto problematico fra arte e architettura che c'è sempre stato.  Un bellissimo libro di Rykwert "The Judicious Eye: Architecture Against the Other Arts" è proprio una dotta dissertazione su questo tema oltre che un'analisi su come si siano sviluppati, a partire dal 600, i rapporti tra l'arte e l'architettura.
Non è quindi un tema nuovo ma la novità oggi sta nell'idea che l'architettura debba imitare l'arte. Alla base vi è il presupposto che l'arte è libera mentre l'architettura è legata alla funzione e al bisogno, due variabili che sono avvertite come limitazioni e non come risorse. Secondo me questa è un'idea assolutamente dannosa perché accredita all'arte una concezione anarchica come se l'arte fosse una cosa libera e non avesse delle sue responsabilità. Così facendo si dimentica che tutta l'arte moderna è nata in un clima di responsabilità sociale. Da questo punto di vista questo rapporto conflittuale fra arte e architettura è una piaga da cui noi dobbiamo cercare di liberarci in maniera sempre più decisa.
 
 

L'architettura ha ormai assunto una forte visibilità anche presso il largo pubblico. Ciò significa che la disciplina ha sviluppato una propria capacità di svolgere un ruolo sociale e culturale nella società contemporanea e se si in quali termini?

Sì, oggi l'architettura è diventata più popolare su questo non c'è dubbio ma è una popolarità legata più alla sua mediaticità e collegata all'aspetto della sua stravaganza e non alla sua funzione. Negli anni '30 in Italia si parlava di architettura sul Corriere della Sera, sull'Ambrosiano. Bontempelli l'aveva definita l'arte maggiormente in fiore cioè l'arte principe per eccellenza. Ma tutto questo è da inserire all'interno di un quadro politico sociale in cui l'idea di rinnovamento del regime trovava nell'architettura il suo strumento principe. Oggi la popolarità dell'architettura è legata all'idea dell'archistar, della stravaganza, della mediaticità tanto è vero che in questi ultimi anni si parla dell'architettura però se ne parla male.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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