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Parla Roberto Cecchi, che tutela i beni architettonici e artistici


Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Luglio/Agosto 2009
 
 

Oggi cresce la sensibilità per la tutela del paesaggio come componente essenziale del nostro vivere. Un lavoro complesso con scarse risorse.

Il problema non sono le risorse, ma un diverso approccio culturale. Non c'è per la tutela del paesaggio la stessa condivisione sociale che si registra per il patrimonio artistico e architettonico. Tendiamo a non riconoscere nel paesaggio un valore da tutelare, a dispetto di oltre il 50 per cento del territorio nazionale tutelato per il suo valore paesaggistico.
 
 

Esiste una struttura capillare adatta per operare sul territorio?

Sì, ma il punto è  un altro: occorre passare da una tutela per punti a una a carattere più ampio, che si esprima attraverso i Piani paesistici. L'approccio è complesso e deve integrare gli strumenti di pianificazione, deve essere condiviso con tutti gli enti coinvolti. Una metodologia difficile, che, in alcune regioni è iniziata. La chiave sono i Piani paesistici, previsti da un dispositivo di legge che risale a molti decenni fa, ma  ne esistono ancora molto pochi.
 
 

Servirebbe forse un forte impulso governativo?

Tutti devono capire che serve un'accelerazione. La difesa del territorio punto per punto rallenta scelte, crea conflitti, invece vorremmo una visione che valuti l'interezza dei problemi per rendere rapide le decisioni. Oggi siamo ingolfati di carte a fronte di una tutela marginale e quel 50 per cento di territorio tutelato non appare tale. Per ottenere una tutela vera occorre adottare strumenti che inizialmente appaiono complessi, ma che poi si riveleranno efficaci. Basterebbe completare in un paio d'anni i piani paesistici per dimezzare le pratiche da esaminare. 
 
 

In presenza di calamità tutto si complica.

Il problema vero è  la prevenzione, il terremoto d'Abruzzo ha dimostrato che siamo completamente scoperti su questo piano, in particolare per quanto riguarda il patrimonio culturale. In Abruzzo la stragrande maggioranza dei danni è concentrata nel centro storico dove, come in molte parti d'Italia, non si è fatta prevenzione contro il rischio sismico. Il Consiglio Nazionale dei beni culturali a suo tempo ha preso atto di questa realtà e ha imposto (come da ordinanza del Presidente del Consiglio del 2003) di operare una verifica sismica del patrimonio esistente. Verifica sostanzialmente disattesa, ma che ora, dopo la tragedia, ha ripreso slancio. 
 
 

Mettere in sicurezza è costoso e complicato.

Con quello che costerà  la ricostruzione si sarebbe potuta fare prevenzione su tutto il territorio nazionale. I provvedimenti per garantire la sicurezza sono piccola cosa, che dopo il danno diventano economicamente enormi. Solo con i costi dei puntellamenti post-sisma del Molise si sarebbe organizzata una discreta prevenzione nazionale. È importante che questi messaggi culturali si affermino, la prevenzione è la base di un paese civile, a maggior ragione se oltre metà del territorio italiano è a rischio sismico.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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