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Formiamo architetti europei: ma serve un nuovo impegno

 

Architetto Trippa, lei insegna e lavora alla Facoltà di Ferrara fin dalla sua fondazione. In questi anni cosa è cambiato dal punto di vista formativo, strutturale e umano? Soprattutto nello sforzo di porre il progetto sempre più al centro della formazione.

La direttiva europea del 1986, da cui è poi derivato l'ordinamento delle facoltà di architettura dei primi anni Novanta, ha rivoluzionato il mondo delle scuole di architettura perché ha cercato di risolverne il degrado generalizzato introducendo i laboratori di progettazione. La direttiva ha imposto che fossero composti da circa 50 studenti e che al loro interno fossero presenti due o tre materie di insegnamento. Non bisogna dimenticare un altro aspetto del tutto innovativo, ovvero l'indicazione di un numero minimo di ore totali sia per l'insegnamento frontale - pari a 4500 ore - sia per ognuna delle 11 aree formative di cui si compone il corso di laurea.

Per queste ragioni tutte le facoltà, soprattutto quelle nate in quegli anni e fra queste Ferrara, si sono trovate a fare i conti con una dotazione limitata di docenti ordinari e una presenza molto forte di professori a contratto, necessari per ricoprire tutte le nuove cattedre che l'ordinamento prevedeva. Un fattore molto positivo, perché questi docenti che provengono dal mondo della professione sono una risorsa preziosa per la didattica, ma non nego che in alcuni casi si sia verificata un'instabilità nel governo della facoltà stessa. Per quanto riguarda Ferrara non ho alcun dubbio nel dire che la loro presenza ci ha dato più luci che ombre.

Nel tempo però, a causa del crescente numero dei contratti assegnati a docenti esterni, il ministero ha indicato percentuali molto precise per la loro assunzione, le università si sono quindi trovate a scegliere di ridurre il numero degli studenti ammessi alla frequenza dei corsi non potendo aumentare la presenza di docenti interni.

In tutta sincerità mi aspetterei una maggiore attenzione al problema da parte degli organismi di categoria, come gli Ordini professionali e anche il Consiglio Nazionale degli Architetti, che dovrebbero entrare nel merito della politica universitaria: questo non è un mondo separato dagli architetti, perché la dignità professionale che dà lustro alla categoria ha le sue radici proprio nella facoltà. Credo che sarebbe utile e necessaria un'azione nei confronti del ministero e del legislatore, per chiedere un sostegno nei confronti delle scuole di architettura,.

Per concludere, posso affermare che nel tempo sono cambiati molto anche gli studenti: arrivano dai licei meno formati rispetto agli anni precedenti e spesso manifestano una sorta di pretesa, molto accentuata, che tutto sia loro dovuto.
 
 

La Facoltà di Architettura di Ferrara è in linea con gli standard europei?

Ogni volta che definiamo un ordinamento nuovo l'iter burocratico prevede che sia inviato a Roma e da lì a Bruxelles, dove le decisioni possono essere impugnate e messe in discussione e sono comunque soggette a esame da parte di una commissione. Posso quindi affermare che dal punto di vista burocratico la Facoltà di Ferrara è sicuramente allineata con gli standard europei.

Al di là degli aspetti amministrativi, riscontro che tra i nostri studenti che partecipano a un progetto Erasmus - la Facoltà è collegata con una ventina di scuole di architettura di vari paesi europei - molti tornano con la consapevolezza di potere competere con i loro colleghi europei. Tutto questo mi fa pensare che siamo in linea con gli standard. 
 
 

Come si potrebbero coinvolgere di più gli studenti e i docenti sulle problematiche dell'inserimento lavorativo? E quanto incide la crisi sul passaggio dalla formazione al lavoro?

La direttiva comunitaria prevede che l'insegnamento sia equilibratamente ripartito fra aspetti teorici e pratici, un'indicazione che abbiamo sempre cercato di applicare. Per fare un esempio personale, nel mio laboratorio faccio svolgere attività manuali come costruire un muro con calce, mattoni e cazzuola. Credo che i tempi in cui si pensava che all'università si dovessero sviluppare solo attività astratte siano superati. 
 
 

Per chiudere, un pregio e un difetto della sua facoltà.

Il pregio è che lo studente entra in un percorso molto organizzato e, se c'è un difetto, forse accompagnandoli troppo si rischia di "cullarli" eccessivamente. A volte qualcuno mi ha fatto notare che forse non ne facciamo dei navigatori del futuro, in realtà l'esperienza mi insegna che quando entrano nel mondo del lavoro hanno molta voglia di cimentarsi con la professione. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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