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Università e gare pubbliche serve subito chiarezza

 

in: Focus 11/10

Autore:
Paolo Pisciotta, consigliere CNAPPC
 
 
La lettura poca attenta della Determinazione n. 7 dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici del 21 ottobre scorso - circa la possibilità per le università di partecipare alle gare di progettazione - combinata con l'effetto mediatico prodotto nell'immaginario collettivo dei professionisti, ha sicuramente indotto a valutare tale Determinazione come un arretramento di posizioni registrate dal Consiglio Nazionale in questi ultimi tempi in relazione alle azioni avviate a difesa dei diritti della categoria. Analizzando le argomentazioni su cui la Determinazione si fonda, anche alla luce della comparazione con il testo originario proposto in sede di audizione del 7 luglio scorso, a mio avviso non può non sottolinearsi, invece, un certo grado di soddisfazione circa il parziale raggiungimento degli obiettivi che si era posto l'apposito documento elaborato dal nostro Consiglio Nazionale, presentato proprio in sede di audizione.
In merito alla tassatività dell'art. 34, ribadita in quel documento, è doveroso chiarire da subito che le argomentazioni esposte nella Determinazione non sembrano confortare una generale ammissibilità alle procedure di evidenza pubblica degli operatori non inclusi nell'elenco, confermando soprattutto che la partecipazione alle gare non può prescindere dal presupposto dell'esercizio di attività di impresa. Da ciò deriva piuttosto l'esclusione dalle gare delle stesse università e degli istituti di ricerca le cui prestazioni di servizi non siano rese nell'ambito di un'attività di impresa "statutariamente prevista".
In altri termini, la Determinazione consente la partecipazione delle università e degli istituti similari non nella qualità, ma in quanto, e a condizione che risultino nel caso concreto, esercenti attività di impresa avente oggetto erogazione di servizi, lavori e forniture.
Quindi, se è vero che, formalmente, la Determinazione conclude a favore della non tassatività dell'art. 34, è altresì vero che sostanzialmente la riconosce, solo continuando ad individuare, come stabilito dalla norma,  nell'esercizio dell'attività di impresa il presupposto per la partecipazione alle gare. La prerogativa di dover svolgere statutariamente attività di impresa trae origine proprio dal primo comma, lettera a), dell'art. 34, laddove si circoscrive agli imprenditori la legittimazione a partecipare alle gare, come peraltro ribadito dal Consiglio di Stato nella decisione n. 3638 del giugno 2010.
Da ciò emerge in maniera chiara che la posizione dell'Autorità, così ricostruita, appare sostanzialmente in linea con le raccomandazioni contenute nel documento del Consiglio Nazionale. La grande distanza che, a prima vista, sembra registrarsi sul punto della concreta possibilità per le università di partecipare alle gare, a ben vedere in effetti non sussiste. In effetti viene pienamente confermato che la norma esclude la possibilità, per le università, di offrire "automaticamente" le loro prestazioni nel settore dei lavori pubblici, condizionando tale possibilità alla verifica preventiva, da parte delle stazioni appaltanti, che lo statuto delle stesse preveda l'esercizio di attività di impresa avente ad oggetto l'offerta medesima della gara.
La Determinazione, per tali ragioni, non solo appare distante dagli obiettivi di fare chiarezza nel complesso groviglio della normativa in materia di affidamento di servizi, ma rischia di favorire l'innalzamento del livello, già peraltro abbastanza considerevole, di contenzioso tra il mondo delle professioni e quello universitario, come peraltro il Consiglio Nazionale aveva già paventato nell'audizione del 7 luglio scorso.
Non si può che rimanere stupiti da una Determinazione "politica" che di fatto indirizza, in maniera poco chiara e coerente, le stazioni appaltanti verso un'interpretazione del Codice non del tutto in linea con l'impianto normativo. Lo stupore appare ancor più evidente se si pensa che l'intera rete degli operatori professionali - con l'emanazione della Determinazione n. 5 del 27 luglio scorso, "Linee guida per l'affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria" - aveva finalmente visto proprio nell'Autorità di Vigilanza quel riferimento autorevole, capace di porre regole certe nel disordine amministrativo e procedurale che stava da tempo caratterizzando il mercato professionale dei lavori pubblici.
Se è vero che gli atenei vivono uno stato di difficoltà derivato dalla riduzione di risorse pubbliche, è ancor più vero che il mondo delle professioni, e in particolare i giovani, vivono un grave disagio a causa dalla forte compressione delle opportunità professionali di un mercato pubblico già di per sé asfittico. Questo rende ancor di più insopportabile, vista anche la non coerenza con il principio della concorrenza leale richiamato dalla Direttiva, dover competere in un mercato aperto anche alle università che, forti della loro capacità economica e strumentale, interverrebbero appunto in un regime di potenziale concorrenza sleale.
Questo clima di guerra tra poveri, certo non favorevole all'avanzamento del percorso di dialogo istituzionale avviato da tempo, impone all'intero sistema di rappresentanza professionale di innalzare il livello di vigilanza sulla corretta osservanza del quadro normativo sull'affidamento dei servizi e, nel contempo, di attivare tutte quelle azioni tese a difendere i sacrosanti diritti della categoria.
È auspicabile che l'Autorità di Vigilanza intervenga per chiarire definitivamente i termini ed i confini della sua Determinazione e per fornire un indirizzo inequivocabile in una materia così delicata e complessa, potendo contare sul sostegno del Tavolo tecnico che, nell'elaborare il complesso articolato delle linee guida, ha dimostrato un grande senso di responsabilità istituzionale.
Sicuramente il Consiglio Nazionale continuerà nella sua azione propositiva ai vari livelli istituzionali nazionali, affinché si giunga ad opportune modifiche legislative capaci di porre fine a questo assurdo disordine interpretativo. Nel contempo, continuerà a svolgere un ruolo propulsore in campo europeo, sostenendo nelle diverse sedi il proprio documento sulla valutazione complessiva in materia di servizi di architettura, affinché si arrivi ad una profonda revisione delle Direttiva europea 18/2004, forti del fatto che lo stesso sarà portato all'attenzione della Commissione Europea quale documento assunto all'unanimità dal Consiglio Europeo degli Architetti.
 
 
 
 
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