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Le riforme devono essere condivise

 

in: Focus 07/11

Testata:
 
 
Data:
 
 
Autore:
Simone Cola, consigliere CNAPPC
 
 
Al di là di ogni scontata, ma anche doverosa, difesa di principio sul ruolo e sul senso del mestiere di architetto risulta importante sottolineare i dati relativi al peso economico e sociale della nostra professione che sono riassunti dalle tabelle di questa pagina.
Analizzandoli si comprende quanto i professionisti e, nello specifico, gli architetti facciano per lo Stato e la collettività investendo ogni giorno su se stessi e sulle proprie strutture professionali senza alcun tipo di agevolazione o contributo statale.
La realtà che viviamo quotidianamente è però molto diversa dalle banalità ascoltate sui presunti privilegi corporativi degli Ordini e sulle tutele di cui godremmo: nonostante la grave crisi economica e le ripetute richieste, non abbiamo beneficiato di aiuti, semplici e utili per stimolare concorrenza e produttività, quali l'istituzione delle società di progettazione, la possibilità di accedere alle reti di impresa piuttosto che agevolazioni fiscali sugli investimenti in aggiornamento professionale e tecnologico.
In tal senso troppi provvedimenti governativi verso il mercato della progettazione scontano una visione stereotipata delle libere professioni, viste unicamente come luogo di privilegio (senza, ad esempio considerare che negli ultimi 30 anni gli architetti italiani sono passati da 24mila a 145mila).
Anche nella recente manovra economica si è parlato di liberalizzazioni e incentivi all'economia mischiando ad arte le carte; attività intellettuali caratterizzate da deontologia ed esami di stato, strumenti atti a tutelare la collettività e il consumatore, non possono essere trasformate in società con soci di capitale, dove diventa difficile il controllo della provenienza dei fondi e dove l'unica finalità è il profitto.
Il CNAPPC da molto tempo ha chiesto con forza un confronto con le istituzioni per sviluppare un progetto condiviso di evoluzione e di aggiornamento della professione in Italia; pur con qualche lodevole eccezione, l'ascolto alle nostre istanze è stato scarso al punto che, da un giorno all'altro, si è giunti a proporre, attraverso, un articolo nascosto nella Legge Finanziaria l'eliminazione degli Ordini.
Il provvedimento, rientrato all'ultimo momento grazie al senso di responsabilità di alcuni ministri e parlamentari, segna comunque un modo inaccettabile di affrontare un problema molto serio.
Rigettiamo questo metodo, non per difendere presunti privilegi, ma perché crediamo che, se la nostra professione sta cambiando, questa evoluzione debba avvenire in modo corretto e coerente con il mercato, ma anche nel rispetto del lavoro svolto e con un reale controllo di qualità. Siamo consapevoli che gli Studi di architettura possono e devono crescere in dimensioni e qualità, ma l'obiettivo si può raggiungere soltanto attraverso provvedimenti, concordati con gli Ordini e i professionisti, che agevolino gli accorpamenti e permettano di investire in risorse umane e tecnologiche.
I ritardi nel riformare le professioni danneggiano il paese perché lo rendono meno competitivo ma se si vuole ragionare sulla competitività l'unico modo è farlo tutti insieme, senza tentazioni di interventi trancianti e
unilaterali.
 
 
 
 
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