Europa, Europa

A seguito dell'integrazione monetaria ed in previsione del rinnovo del Parlamento Europeo e della Commissione, vale la pena esaminare la situazione della professione in Europa, al giro di boa del terzo millennio.

I princìpi su cui l'attività dell'architettura si fonda nell'Unione Europea sono quelli contenuti nella Direttiva 384/85 - sulla libera circolazione degli architetti nei paesi della Unione Europea - e nella Direttiva 92/50 - sugli appalti di servizi che, seppur in continua discussione e rielaborazione, continuano ad essere le regole fondamentali d'esercizio della professione.
È altrettanto vero che entrambe hanno avuto evidenti problemi di applicazione pratica e che un qualunque appunto sul mestiere dell'Europa di domani debba partire da qui: dal reale stato di attuazione della circolazione degli architetti e dei concorsi di architettura in Europa.

Nonostante ci sia da anni la possibilità di esercitare liberamente questa professione nei paesi dell'Unione, coloro che l'hanno veramente messa a frutto sono molto pochi e costituiscono un'eccezione. Un fenomeno, la «sedentarizzazione», che si verifica principalmente a causa del radicamento professionale degli architetti nel territorio e nella comunità locale, spesso entro i confini assai ristretti della regione se non del Comune di residenza. Ma ciò succede anche perché le regole stabilite in Europa per i lavori pubblici sono poco applicate e perché, inoltre, le leggi ed i regolamenti urbanistici ed edilizi rendono in realtà difficile l'esercizio della professione dell'architetto in un paese diverso da quello d'origine.
In sostanza al recepimento della Direttiva 384/85 nei diversi paesi ed al lento adeguamento della formazione universitaria ai princìpi in essa contenuti, non è seguito il dispiegarsi di quel processo di integrazione e libera circolazione che si voleva indurre.