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La nuova deontologia

 

in: La risposta attiva

Testata:
l'Architetto
 
Data:
Ottobre 2000 - n.150/00
 
Autore:
Nevio Parmeggiani
 
 
In molte delle numerose bozze della legge di riforma delle professioni, che sono da tempo in discussione tra il Ministero di Grazia e Giustizia e il CUP, vi è sempre comunque un articolo sui principi e criteri in materia di codice deontologico e potere disciplinare; esso è preordinato a fissare criteri e procedure di adozione, da parte di ciascuno degli organi nazionali, di un codice deontologico professionale, al fine di tutelare gli interessi pubblici del corretto esercizio della professione e comunque coinvolti nell'esercizio della professione stessa, nonché di indirizzare quest'ultima a fini sociali, di tutelare l'affidamento e la libera scelta del cliente, di assicurare la qualità della prestazione professionale, nonché l'adeguata informazione sui contenuti e le modalità di esercizio della prestazione professionale.

Certamente si tratta ancora di bozze, ma non credo, che quanto sopra viene riassunto, nel proseguire di questa tormentata riforma degli Ordini, possa sostanzialmente cambiare.

La deontologia fa parte del codice genetico degli Ordini e mancare di un codice deontologico significa per gli Ordini non esistere.

Oltre le modalità legislative dell'accesso, ciò che distingue l'Ordine da una associazione è il controllo ferreo del rispetto delle norme deontologiche. Non può essere altrimenti. Il perché della necessità di queste norme è detto, molto bene, anche se in forma succinta, dal testo dell'articolo sopra citato. Inoltre le norme devono valere per una affermazione, alle volte messa in discussione, della nostra identità di appartenenti ad una categoria professionale intellettuale e meno che mai imprenditoriale.
 
 
 
 
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