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Progettare la nuova città

 
Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Aprile 2008
 
 

L'assegnazione dell'Expo a Milano ha suscitato un dibattito serrato, ma forse anche un po' confuso.

Ho l'impressione che molti si stiano affannando a rilasciare dichiarazioni soltanto per acquisire posizioni da fare rendere a tempo debito. Invece questo è il momento di riflettere con calma e serietà, perché siamo davanti a un'occasione storica. Il cuore del problema non sta nel pensare alle torri e neppure all'esposizione in sé, ma al giorno successivo alla sua chiusura, perché la città ha la possibilità di compiere il salto che non ha fatto negli ultimi vent'anni. Milano non ha bisogno di simboli, che magari poi si manifesteranno comunque, non necessariamente a scala gigante. È importante che si organizzi un'Expo all'insegna dell'orgoglio della contemporaneità e soprattutto legata al paesaggio della città.
 
 

Il paesaggio di Milano forse ha bisogno di qualche aggiustata.

Paesaggio significa un complesso insieme di architettura, natura, persone, sistemi. Occorre pensare e realizzare opere che traccino una visione della città utile per il futuro, da qui a cento anni. Fare architettura è come piantare un albero, l'ombra inizia a essere bella e funzionale dopo vent'anni.
 
 

Allora cosa serve per Milano?

Soprattutto infrastrutture, programmate e integrate. L'esempio della Fiera di Rho è da evitare: un'opera bellissima, piazzata in un deserto e difficile da raggiungere. Chi avrà la responsabilità dell'Esposizione deve dare priorità a sistemi multipli di connessione che facciano da tessuto connettivo su cui innestare architettura. Il cuore non deve essere solo l'area individuata per costruire i padiglioni, la partita si gioca su un ripensamento totale della città che metta a sistema in modo armonico un progetto globale della nuova città del futuro. Abbiamo bisogno di decine di progetti pubblici per asili, parchi, giardini, spazi funzionali, trasporti sostenibili e diffusi. E per realizzare un programma come questo dobbiamo chiamare architetti giovani, se possibile italiani, con voglia di sperimentare per portare a termine un grande disegno. Non cadiamo nel provincialismo di chiamare la grande star internazionale, bisogna osare creando occasioni per attirare nuove energie, risorse creative, che a loro volta creano sapere e conoscenze. Milano ha l'occasione per ricalcare le esperienze fortunate di Barcellona, Berlino, Shangai, diventando un luogo dove è piacevole vivere e fare crescere i propri figli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Area Riservata
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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