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  Il mare d'inverno  

Il mare d'inverno

 

Il nuovo progetto di Stefano Cerio ,una serie di fotografie di grande formato che ritraggono parchi di divertimento acquatico nel periodo di chiusura invernale - è una cronaca dal deserto, un reportage dall'abbandono, un inedito "dietro le quinte" su cosa accade quando il paese delle meraviglie chiude i battenti. Quando le grandi vasche si svuotano, gli ombrelloni vengono riposti, la musica si spegne e scende il silenzio.  L'erba allora ricomincia a crescere negli interstizi del cemento scrostato, le foglie morte si accumulano e marciscono sul fondo di una piscina e le curve vertiginose dei toboga si riempiono di ghiaccio. Con il suo gentile sfacelo, la natura si riappropria dei suoi surrogati - spazi sintetici che mettono in scena il simulacro dell'azzurro del mare, delle sue acque fresche, persino delle onde- e li corrode, li trasfigura, li rende addirittura belli, ammantandoli di un fascino malinconico e metafisico, restituendo realtà a luoghi che sono il trionfo della finzione, dell'artificialità.
Nuovi territori dello spazio pubblico -come le discoteche, gli ipermercati, i centri commerciali, scintillanti cattedrali del divertimento e del consumo che rimpiazzano la funzione aggregativa di piazze e centri storici senza però permettere di decifrare né relazioni sociali, né storie condivise, né segni di appartenenza collettiva- gli aquapark si sostituiscono al paesaggio naturale, ne offrono una versione iperreale, dove i colori sono troppo saturi, i suoni troppo amplificati, le emozioni promesse troppo intense. La loro architettura mescola con noncuranza richiami a spiagge disseminate di palme e vertigini futuriste, cita la natura selvaggia con cascate, grotte e ghiacci perenni.  Più che l'atmosfera carnevalesca, caotica e un po' losca dei vecchi lunapark -dove ogni visitatore poteva sciogliere liberamente i suoi desideri e sfuggire alle regole, alle convenzioni della rispettabilità, riacquistando una dimensione trasgressiva perduta nella realtà- è la logica asettica e implacabile del consumo che permea  questi luoghi, dove tutto è rassicurante perché evidente, immediato, prevedibile, dotato di regole d'uso e di percorsi obbligati, tutto è insieme illocalizzabile e perfettamente strutturato. Il pubblico è qui parte integrante di un meccanismo di simulazione del reale perentoriamente organizzato.
Cristiana Perrella

 
 
 

 

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