Il 22% degli architetti italiani ha perso in un anno circa un
terzo del proprio fatturato e il 25% del proprio reddito; il 33% dei
professionisti vorrebbe avviare all'estero la propria attività.
Sono questi i dati più eclatanti che emergono da una ricerca
realizzata dal Cresme per il
Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori,
che ha coinvolto un campione di quasi 2mila professionisti, di età media di 43
anni e nell'82% dei casi liberi professionisti.
I segni più evidenti della crisi per gli architetti
italiani sono quindi la dilatazione dei tempi di pagamento, la crisi della
domanda, la concorrenza e distribuzione dell'impegno lavorativo.
Traducendo questi elementi in cifre, la ricerca ha
rilevato che, nel 2011, per il 27% degli architetti, il peso delle insolvenze ha
superato il 20% del proprio volume di affari; parallelamente crescono i tempi
di pagamento da parte della clientela: in media, i giorni necessari per
ottenerlo, da parte della Pubblica Amministrazione, sono passati, tra 2006 e
2011, da 91 a 141; dalle imprese, si è passati da 57 a 106 giorni; dalle
famiglie da 49 a 81 giorni; da altri professionisti da 38 a 64.
Per quanto riguarda la situazione finanziaria, il 45% ha dichiarato di avere debiti con banche, società
finanziarie o fornitori, con una quota decisamente più elevata nelle provincie
del Sud (51%). Negli ultimi due anni la situazione è significativamente
peggiorata: i debiti con i fornitori sono cresciuti, nel 2010, per il 17% degli
architetti, e cresceranno ancora (al 29%) alla fine dell'anno in corso.
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