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  Poveri architetti, senza cantieri (e senza inglese)  

Poveri architetti, senza cantieri (e senza inglese)

 
Testata:
Corriere Fiorentino
 
Data:
27-11-2014
 
Autore:
Giulio Gori
 
 

Gli architetti, costretti ad arrangiarsi, complice la crisi. Oggi, solo l'11 per cento lavora nelle costruzioni, mentre due terzi si occupano soltanto di ristrutturazioni. Da un sondaggio dell'Ordine emerge che due su tre dicono di guadagnare meno di 20 mila euro l'anno. Il consiglio per i giovani è andare all'estero.
Gli occhiali con la montatura colorata che ciondolano in una mano, un dolcevita scuro indosso e un'elegante ragionamento sulla filosofia estetica, abbozzando uno schizzo su un foglio. Nell'immaginario comune un architetto è fatto così. Ma in tempi di crisi dell'edilizia e piani urbanistici a volumi zero, da qualche anno è iniziata un'epoca di ristrettezze in cui gli architetti, «i nuovi poveri» secondo il presidente nazionale dell'Ordine Leopoldo Freyrie, si occupano di sistemare le fosse biologiche, fare la coda in Comune per una pratica o controllare un intonaco. E, soprattutto, non progettano più. I dati nazionali forniti dal Cresme parlano di una professione in crisi, 40% di reddito in meno in 5 anni, con una media di 17.000 euro all'anno.
Firenze non fa eccezione, e da un sondaggio realizzato dall'Ordine degli architetti nel 2014 emerge un quadro desolante: il 64% dichiara di guadagnare meno di 20.000 euro all'anno (il 50% dei trentenni non arriva a 10.000), in una giungla di precariato in cui emergono lavoratori dipendenti spacciati per liberi professionisti o semplici occasionali. Così, quasi un terzo degli architetti fiorentini (il 29%) vive grazie ad altre forme di reddito, mentre due su tre dubitano che un giorno riusciranno ad avere la pensione.
Del resto, solo l'11% della categoria si occupa di nuove costruzioni, perché per oltre il 60% l'unica opzione si chiama «ristrutturazioni». La colpa non è solo della crisi. I nostri architetti under 40 che parlano inglese a livello professionale sono uno su cinque; così, solo il 7% dei fiorentini lavora con l'estero.
(...)


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