La risposta sta nella natura dell'attività urbanistica; la quale, intesa come progettazione architettonica di spazi all'interno della città, è volta a raggiungere un risultato estetico, ossia è arte. Come arte essa non può essere valutata sulla base di parametri quantitativi (distanze minime, volumi massimi, indici variabili), ma deve rispettare un insieme di valori qualitativi (alternarsi di profili, equilibrio di masse, accordo di materiali e di colori). Oggi la qualità estetica delle nuove costruzioni viene giudicata da una commissione comunale paradossalmente priva di potere, giacché non ha la facoltà di promuovere un edificio quando è buono né di bocciarlo quando è cattivo. Il suo parere ha valore solo consultivo, non deliberativo. Bisogna invece riconoscere alla commissione comunale il non facile compito di bocciare la brutta edilizia e di promuovere la bella architettura. Occorre perciò selezionare i membri della Commissione con rigore, e non nominarli, come spesso avviene, in modo distratto ed affrettato. Occorre infine includere fra i membri della Commissione personaggi di cultura (critici, artisti, letterati, docenti, scienziati), proprio perché spesso si dimostrano capaci, per conoscenze ed apertura mentale, di dare giudizi intuitivi, profondi, genuini. In piazzale Libia il volume da costruire forse non apparirebbe una incongrua anomalia se facesse parte di una configurazione globale pensata per l'intera piazza; e discussa preliminarmente con gli abitanti delle case limitrofe. Importante è arrivare ad un accordo tra bene pubblico ed interesse privato. Il Comune potrebbe concedere al costruttore uno sgravio fiscale per compensarlo di una parziale riduzione della cubatura consentita, se ciò garantisse una soluzione conforme alle caratteristiche spaziali della piazza.