Non c'è settore del design del Novecento che non sia stato rivoluzionato da un artista in grado di coniugare in maniera perfetta artigianato e funzionalità. Dalle sedie ai letti, dalle poltrone alle lampade fino ai banchi di scuola: per ogni tipo di oggetto quotidiano l'architetto francese Jean Prouvé (1901-1984) ha trovato una soluzione innovativa, che gli ha garantito un posto di primo piano tra i designer del secolo scorso. Prestigio da riscoprire nella mostra "Jean Prouvé. La poetica dell'oggetto tecnico", inaugurata ieri all'Ara Pacis.
Cento opere, selezionate dagli architetti Bruno Reichlin e Franz Graf per conto dell'associazione Designfest insieme alla direzione del Vitra Museum, documentano l'intera produzione di Prouvé, con un percorso dominato dai 50 oggetti realizzati dall'artista. Tra questi spiccano la poltrona reclinabile Grand Repos (1930) in lamiere d'acciaio e tela, la Standard Chair in alluminio e legno, e lo scaffale realizzato nel 1952 per la Maison de la Tunisine di Parigi insieme a Charlotte Perriand e Sonia Delaunay.
«Sono le stelle dell'hi tech ad aver scelto Prouvè come nume tutelare», spiega Bruno Reichlin, che sottolinea la sua capacità di fondere tecnica e senso estetico, riscontrabile anche nei modelli delle sue architetture più conosciute, come la Casa Tropicale a Niamey in Nigeria e la Casa Prouvé di Nancy, entrambi esposti all'Ara Pacis. L'itinerario prosegue con una selezione dei disegni dell'artista. Un'occasione da non perdere per approfondire la personalità di Prouvé, pioniere dell'immaginario tecnologico che ha trionfato nella migliore architettura di oggi.