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Il vero committente dell'Architettura sono le generazioni future

 
Questa intervista è stata pubblicata sul Magazine_5 dicembre 2008
 
 

Nel 2008 si sono celebrati i 500 anni della nascita di Andrea Palladio, esempio mirabile di sensibilità in coerenza con la specificità del territorio italiano. Quanto è ancora attuale la lezione di questo grande maestro?

Sono passati cinquecento anni eppure le architetture di Andrea Palladio resistono nella loro bellezza. Palladio rappresenta ancora oggi un modello di architettura capace di tenere insieme funzionalità e bellezza, paesaggio e architettura.
Le splendide dimore di Andrea Palladio sono l'esatta esemplificazione della civiltà umana, della capacità dell'uomo di abitare la terra senza predominare la natura. In fondo quello di Palladio è un richiamo etico prima ancora che estetico, cui tutti dovremmo prestare ascolto, e forse non è superfluo proporre la sua lezione a modello del fare architettura oggi.
 
 

Nel mutare dello scenario culturale e sociale sia dell'Italia che dell'Europa, quale compito assegnare oggi all'architettura?

Oggi viviamo in un epoca che ha relegato la bellezza ai margini, come se essa non potesse esserci più di conforto né esserci modello di vita. Ed è un peccato, la modernità e la contemporaneità allontanandosi dai valori della bellezza hanno prodotto città insensate, periferie degradate dove anche la dignità della persona viene svilita. Ed è un paradosso che l'architettura, proprio oggi che è la forma d'arte più potente per contrapporsi nella società delle immagini e al degenerare della realtà, abbia dismesso, salvo importanti eccezioni, il proprio compito di generatore di bellezza.
Spesso, e lo abbiamo visto purtroppo anche di recente alla Biennale, l'architettura è diventata l'esibizione dell'inutile, dell'eccezionale, dell'inabitabile come se avesse dimenticato gli insegnamenti per esempio di Palladio, le cui opere non hanno mai rinunciato alla funzionalità pur mirando alla bellezza ed anzi proprio nel perfetto connubio tra funzionalità e stile raggiungono la perfezione. Abbiamo bisogno perciò di architetti colti, che conoscano profondamente la nostra civiltà e sappiano costruire opere che competano per bellezza, misura e armonia con le opere del passato. È necessario avere il coraggio di riconoscere che il vero committente sono le generazioni future a cui, attraverso l'opera di conservazione e creazione, dobbiamo trasmettere in eredità ciò che siamo. Per questo oggi si richiede che l'architetto sappia esercitare il suo mestiere con un profondo senso di responsabilità.
 
 

Lei stesso ha recentemente richiamata la necessità che si debbano promuovere opere architettoniche e civili. Come intende muoversi in tal senso il Governo?

Da un lato promuovendo e sostenendo le realizzazioni che finalmente, dopo quindici anni di stasi, stanno nuovamente interessando il nostro Paese: penso alle opere che riprendono a segnare il profilo e le identità delle nostre città, come sta avvenendo a Venezia con il nuovo ponte della Costituzione e il futuro Palazzo del Cinema e dei Congressi, a Roma con l'Auditorium e il MAXXI, come avverrà a Torino con il grattacielo di Renzo Piano o a Milano con le opere per l'Expo Universale 2015. Dall'altro con opportune iniziative legislative, come il disegno di legge sulla qualità architettonica presentato al Parlamento dopo l'approvazione in Consiglio dei Ministri, uno strumento che aiuti le amministra amministrazioni locali a privilegiare i concorsi di idee nella progettazione del proprio spazio urbano e impegni lo Stato a ricorrere all'architettura nel realizzare opere pubbliche.
 
 

A volte la politica viene indicata essere la responsabile delle nostre "città brutte". In che modo architettura e istituzioni possono trovare un nuovo modo di dialogare?

Anche considerando solo il lato estetico, ci rendiamo subito conto che le moderne realizzazioni spettacolari sono rare, troppo rare, in un mare di disperante squallore come le periferie delle nostre città. Nel dopoguerra in Italia si è costruito molto e male perché, dopo le distruzioni del conflitto, è stata privilegiata l'esigenza primaria di dare a tutti una casa in tempi brevi. Una volta superata l'emergenza però si è costruito continuando a perseguire questa filosofia. Così sono nate una serie di periferie mostruose: da quella di Milano a quella di Roma. È ora di ribaltare questa filosofia, e spero che la rapida approvazione in Parlamento del disegno di legge sulla qualità architettonica sia il punto di partenza per restituire un ruolo fondamentale agli architetti e all'architettura nella società moderna.
 
 

Sul Ddl per la qualità architettonica lei ha promosso una innovativa - per il nostro paese - consultazione pubblica on line. Quando questo provvedimento - conclusa questa fase - potrà vedere finalmente la luce?

La risposta alla consultazione web riguardo il provvedimento è stata molto positiva, al punto che l'esperienza è stata riproposta per il disegno di legge sulla musica amatoriale, con risultati altrettanto incoraggianti. Idee e suggerimenti hanno contribuito in maniera significativa al testo, che ora è all'esame delle Camere. Il mio auspicio è che possa diventare legge il prima possibile, spero nella sensibilità dei miei colleghi deputati per una discussione in tempi brevi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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