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"Gli architetti italiani penalizzati dagli atenei"

 

«La soluzione: corsi permanenti, tirocinio e dialogo»

Testata:
La Sicilia
 
Data:
15-04-2007
 
Autori:
Giuseppe Scannella e Domenico Tempio
 
 
Sirica: «Gli architetti italiani penalizzati dagli atenei»
Incontro con Raffaele Sirica, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori e paesaggisti d'Italia, a Catania in occasione del IV Congresso degli Architetti di Sicilia.
Tra i programmi del governo Prodi c'è la riforma degli Ordini professionali; qual è la posizione degli architetti italiani?
«Gli architetti italiani hanno assunto un impegno importante, presiedendo il Comitato unitario professionale che riunisce in sé 28 professioni. Il Cup ha depositato in Cassazione una legge di iniziativa popolare quale contributo al rinnovamento delle professioni».
Quali sono le condizioni in cui viene esercitata oggi, la professione di architetto? In altre parole, qual è lo status dell'architetto libero professionista oggi in Italia? «Condizioni difficili. È anche vero però, che rispetto al resto d'Europa, stiamo scontando 50 anni di architettura interrotta. La figura dell'architetto dovrà diventare fondamentale nell'interesse della collettività tutta».
Uno dei primi atti dell'attuale governo, è stato quello di abolire le tariffe minime. Comporterà dei vantaggi per il cittadino consumatore e per il professionista?
«Quando gli interventi sono radicali e non graduali, si producono naturalmente delle difficoltà. Gli Ordini degli architetti si stanno impegnando a rivedere i Codici deontologici con la realizzazione di protocolli prestazionali. Si tratta di una nuova concezione delle tariffe, che saranno sicuramente più trasparenti e adeguate alle nuove esigenze di qualità».
Le Università forniscono ai futuri architetti gli strumenti di conoscenza ed esperienza per consentire loro un facile inserimento nel mondo del lavoro?
«No. C'è una certa distanza tra il mondo accademico e l'inserimento nel mondo del lavoro, per certi versi, anche naturale. La formazione continua esercitata attraverso nuove forme d'acceso quali il tirocinio, i corsi di formazione permanenti e il raccordo tra l'Università e gli Ordini professionali in modo moderno, potrà aiutare a colmare le distanze accumulate e risolvere il problema occupazionale».
Dunque i giovani che si avviano alla professione di architetto in Italia, hanno più motivo di essere preoccupati o di essere speranzosi?
«Preoccupati e speranzosi al contempo. La preoccupazione deve corrispondere all'impegno non solo come liberi professionisti, ma come cittadini, contribuendo alle battaglie intraprese dagli Ordini, nell'interesse non solo degli "addetti ai lavori", ma di tutti». «La riqualificazione urbana delle nostre città deve essere la spinta fondamentale per lo sviluppo. Certamente è più motivo di speranza per i più giovani che, in un modo o nell'altro, forse godranno del nostro attuale impegno». (...)

L'Editoriale de La Sicilia: Territorio e identità siciliana
Alla ricerca dell'identità perduta. Su questo si sono confrontati politici, amministratori, architetti siciliani riuniti in questi giorni a Catania. L'identità è quella del territorio e della sua gente. Il nostro giornale ha evidenziato come la Sicilia sia stata devastata nel suo ambiente, nelle sue città, nelle sue campagne e persino in alcune parti del suo mare. Errori dovuti innanzitutto all'emergenza del dopoguerra. C'era fame di lavoro ed occorreva a tutti costi creare fabbriche. Sorgevano così insediamenti industriali in luoghi dove la natura era stata benigna con la nostra terra. Vedi, ad esempio, Gela, Priolo, Milazzo. Aggiungasi la crisi di case che portò a uno sfrenato abusivismo e a costruzioni pubbliche o private frutto di una architettura fai da te e di un malcostume civile e politico. Mancò una legge urbanistica. Il carnet dei nostri amministratori è stato sempre ricco di buone intenzioni, ma in realtà non è mai sortito un provvedimento che ponesse fine agli scempi. Lo promette ora l'assessore al Territorio, Rossana Interlandi, e le fa eco l'assessore all'Agricoltura e foreste Giovanni La Via, secondo cui il territorio va fruito, governato, ma non ingessato. E' quello che nella sostanza hanno chiesto gli architetti siciliani: una legge che tenga conto del rapporto tra programma, piano e progetto. (...) Quando qui da noi c'è invece molto da fare. C'è un'isola il cui territorio vive in uno stato di precarietà e di improvvisazione e ha bisogno di una rivoluzione culturale e sociale, al centro della quale ci deve essere l'uomo. E' una ennesima sfida per noi siciliani. Ne saremo capaci?

 
 
 
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