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L'architettura e i nuovi mezzi di comunicazione

 
Questa intervista è stata pubblicata sul Focus di Giugno 2007
 
 

Quali cambiamenti ha introdotto la tecnologia digitale nel processo creativo della produzione architettonica?

Molti, e noti. Ma credo che dopo un lungo periodo di pura fascinazione per lo strumento tecnico e per la sua potenza "muscolare" (e dunque spesso di subalternità nei suoi confronti), siamo entrati un una fase nuova. La tecnologia digitale è diventata oggi uno strumento sofisticato, eclettico e agilissimo, facilmente governabile nella fase creativa dell'architettura. Sono ottimista. 
 
 

Come è mutata la comunicazione dell'architettura in funzione di internet e dei media della società globale?

Beh...internet. E' già oggi la nuova comunicazione, anche se in Italia non è ancora non del tutto sfruttata. I siti e i blog sono ancora pochi e non sempre ben fatti. E nel nostro settore mancano ancora piattaforme multimediali polivalenti (riviste+sito+tv+radio+libri+free press) capaci di coprire la domanda di informazione e cultura. 
 
 

Quale futuro vede per i mezzi di comunicazione tradizionali e, in particolare, per quelli riferiti all'architettura?

Assisteremo ad un forte processo di selezione darwiniana. Ma credo nelle possibilità di sopravvivenza di media internazionali con una forte attitudine alla sperimentazione multimediale e con un profilo forte e chiaro. In inglese si dice MAyA (the most advanced , yet accettable), cioè la capacità di proporre in forme comprensibili e relativamente "facili" contenuti e approcci sperimentali e di confine.  Grande radicalità nei contenuti, grande comunicabilità nel linguaggio. Qualcosa che solo una rivista può offrire. 
 
 

Oggi si può ancora parlare di funzione sociale dell'architettura?

Certamente. Sia nello svelare temi e questioni che nascono dalla capacità dell'architettura di osservare lo spazio fisico, sia nel proporre temi e progetti di trasformazione dei paesaggi delle nostre città. Basti pensare alla grandissimi responsabilità di avanzare proposte efficaci (dunque non ideologiche) e insieme avanzate (dunque non ottusamente tecnicistiche) sull'emergenza ambientale (invito tutti a leggere l'ultimo numero dell'harvard design magazine sul tema della sostenibilità e dei grattacieli "verdi").
 
 

L'architettura italiana contemporanea preferita.

Tutto a Gibellina (paese siciliano terremotato nel '68): mi piace da morire il cretto di Burri, costruito sulla  vecchia Gibellina. Non mi piacciono per niente le architetture "moderne" che popolano la nuova Gibellina. 
 
 

L'architettura internazionale contemporanea preferita.

Beh sono diverse. Per fare una prima lista: le architetture di Romero in Messico, quelle dei Plot in Danimarca, di Sanaa in Giappone, di Nadim Karam in Libano, di Maltzan in California, di Abalos & Herreros in Spagna. 
 
 

L'edificio storico al quale è più legato.

La basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Sono nato e cresciuto lì sotto. 
 
 

La città o il luogo al mondo che ama di più.

La Sardegna. Terra ancestrale, con un paesaggio che è un pezzo del nostro futuro, e ancora non consumato.
 
 

L'oggetto di design al quale è più affezionato.

Credo il bobolungo e il serpentone disegnati negli anni sessanta da mia madre Cini Boeri. 
 
 

Un luogo o un edificio che immagina o sogna.

Uno stadio di calcio in mezzo al mar. 
 
 

Un luogo o un edificio che vorrebbe cancellare.

Tutti i centri di accoglienza temporanea per migranti. 
 
 

Un libro da ricordare.

"La macchia umana", P.  Roth 
 
 

Un film da ricordare.

"History of violence", D.  Cronenberg
 
 

Una musica da ricordare.

"Ground control", di D. Bowie
 
 
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